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Cipressa, l’ultimo trabocchetto prima dell’inevitabile

04/03/2024

Ogni anno lo si spera, ogni anno lo si sogna, ogni anno lo si ipotizza: qualcuno attaccherà sulla Cipressa? Vincere la Milano-Sanremo partendo lì, a poco meno di 30 km dall’arrivo, è impresa pressoché impossibile, perché dopo quella salita ci sono 10 km di Aurelia in cui il gruppo insegue con la bava alla bocca, e poi il Poggio, in cui tutti sparano le ultime cartucce prima della picchiata su Sanremo. Eppure, in ogni edizione, fino all’ultimo metro della pedalabile salita (5,6 km al 4,1%), la speranza di vedere qualcuno scattare per provare a scompaginare i piani di tutto il gruppo, è l’ultima a morire.

Ci provò anche Marco Pantani nel 1999: fresco di doppietta Giro-Tour l’anno precedente, il Pirata, in un momento di semi-onnipotenza, scattò come una molla sulla Cipressa mandando in delirio un pubblico italiano raramente così coinvolto da questo sport. Pur con 270 km sulle gambe, la salita era troppo corta e troppo facile per uno scalatore come Pantani che, infatti, al termine della discesa fu prontamente riassorbito dal gruppo. Ma quell’allungo, quel tentativo di sfuggire alla logica di un finale già scritto con Poggio e via Roma, è rimasto nell’immaginario collettivo e con esso il simbolo della Cipressa come ultima spiaggia per provare ad evitare l’inevitabile. La salita dei coraggiosi, dei rivoluzionari.

La Cipressa è stata inserita nel percorso della Milano-Sanremo nel 1982 e fu subito decisiva, anche se nessuno la vide a causa dello sciopero della Rai, che non trasmise la corsa. Fu un’edizione particolare, condizionata da freddo e grandine e tanti ritiri eccellenti, che alla fine premiò i coraggiosi corridori che si erano lanciati in fuga fin dalla prima ora. Il francese Marc Gomez e il connazionale Alain Bondue staccarono gli altri 11 compagni d’avventura proprio sulla Cipressa, poi Bondue cadde lungo la discesa del Poggio e Gomez si regalò la vittoria più bella e insperata della carriera.

La Cipressa, però, non è solo salita, ma anche discesa, molto tecnica (ricordate la folle picchiata di Niccolò Bonifazio nel 2019?). Francesco Moser lo capì subito e attaccò su quei tornanti già nel 1983, aprendo però la strada alla celebre fucilata del rivale Giuseppe Saronni sul Poggio, e poi nel 1984, quando riuscì finalmente a vincere la Classicissima dopo anni di inseguimento proprio grazie ad una doppia discesa al cardiopalma, prima dalla Cipressa a scremare il gruppo e poi dal Poggio per andare a vincere.

Nel 1990, poi, la Cipressa fu trampolino di lancio per il capolavoro di Gianni Bugno, ma è il 1996 l’ultima edizione in cui un attacco sulla penultima salita della Sanremo è risultato decisivo. Promosso da Gabriele Colombo, Oleksandr Hončenkov, Michele Coppolillo e Max Sciandri, il tentativo decollò sull’Aurelia e poi i 4 riuscirono a mantenere un gap di una trentina di secondi sul gruppo all’inseguimento sul Poggio. Alla fine vinse Colombo, ma da quel giorno nessuno è più riuscito a fare la differenza sulla Cipressa. Sono passati 28 anni, ma noi continuiamo a sognare: nel 2024 qualcuno attaccherà sulla Cipressa?

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