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Pavia -

Sanremo

Sabato 16  Marzo 2024 288km Dislivello 2.000mt

Tempo totale: 6:14:44 Ritirati: 11

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PHILIPSEN Jasper

ALPECIN-DECEUNINCK

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MATTHEWS Michael

TEAM JAYCO ALULA

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POGACAR Tadej

UAE TEAM EMIRATES

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La Milano-Sanremo 2024 parte da Pavia e, dopo aver percorso circa 45 km di strade pianeggianti a cavallo del Ticino, rientra nel percorso classico a Casteggio. Da lì si ripercorre ancora una volta la strada che per più di 110 anni ha collegato Milano con la riviera di Ponente toccando Ovada, il Passo del Turchino per scendere su Genova a Voltri. Si procede quindi verso ovest accanto al mare lungo la statale Aurelia attraverso Varazze, Savona, Albenga (non si percorre la salita delle Manie inserita dal 2008 al 2013) fino a raggiungere Imperia. A San Lorenzo al Mare, dopo la classica sequenza dei Capi (Mele, Cervo e Berta), si affrontano le due salite inserite negli ultimi decenni: Cipressa (1982) e Poggio di Sanremo (1961). La Cipressa supera 5.6 km al 4.1% per immettere nella discesa molto tecnica che riporta sulla ss.1 Aurelia.
Ultimi km
A 9 km dall’arrivo inizia la salita del Poggio di Sanremo (3.7 km a meno del 4% di media con punte dell’8% nel tratto che precede lo scollinamento). La salita presenta una carreggiata leggermente ristretta e 4 tornanti nei primi 2 km. La discesa è molto impegnativa su strada asfaltata, ristretta in alcuni passaggi, con e un susseguirsi di tornanti e di curve e controcurve fino all’immissione nella statale Aurelia. L’ultima parte della discesa si svolge nell’abitato di Sanremo. Ultimi 2 km su lunghi rettilinei su vie cittadine. Da segnalare a 850 m dall’arrivo una curva a sinistra su rotatoria e ai 750 m dall’arrivo l’ultima curva che immette sulla retta finale di via Roma, tutto su fondo in asfalto.

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Pavia

Panoramica

Città di millenaria tradizione storica e culturale, che ha mantenuto nel tempo il suo impianto romano di fondazione, Pavia offre al visitatore che arriva per la prima volta in città numerosi percorsi.

La ricchezza del patrimonio storico, artistico e monumentale di Pavia non si misura soltanto dai monumenti più citati ma anche e soprattutto da un’immensità di tesori nascosti che rappresentano una vera sorpresa per il turista. I quartieri medievali, il fiume Ticino e il suo borgo offrono ancora piacevoli spunti per escursioni di una o più giornate.

I suoi edifici, in particolar modo le sue chiese romaniche che rappresentano la massima espressione di questo stile, sono di notevole interesse e continuano a suscitare grande curiosità. La sua università, culla dei Saperi, e il suo teatro di tradizione rappresentano quanto di più moderno Pavia conserva del suo passato.

Gastronomia

Pavia e la sua provincia presentano un ricco patrimonio di prodotti enogastronomici d’eccellenza che sono diventati fattori di attrattività nei confronti di un pubblico evoluto, capace di apprezzare un’offerta genuina, di antica tradizione e contraddistinta da numerosi marchi di qualità.

Territori dalla storia millenaria, ricchi di testimonianze artistiche e architettoniche, di tradizioni e di paesaggi variegati che passano dagli infiniti riflessi delle risaie allagate della Lomellina e Pavese alle colline vitate dell’Oltrepò, fino ai 1724 metri del Monte Lesima. Inconfondibili per quel che riguarda l’enogastronomia, le produzioni tipiche, le coltivazioni. L’agricoltura occupa da sempre in Provincia un ruolo di primo piano nell’economia e per alcuni settori produttivi può spesso venirsi a trovare ai primi posti nella graduatoria nazionale.

Questi prodotti portano con sé un racconto di competenze e sapienze antiche, di attenzione alla genuinità e soprattutto di integrità produttiva alimentare, in un momento in cui cresce in maniera esponenziale l’interesse da parte dei consumatori consapevoli per tutto ciò che è naturale e autentico. Oltre ai prodotti, la tradizione pavese ci lascia in eredità le pratiche e le virtù di una cucina antica di cui offriamo qualche spunto che sono insieme un patrimonio e la chiave di lettura per la comprensione e la conoscenza di un territorio.

La provincia di Pavia, capitale italiana del riso

85.000 ettari coltivati a risaia e 4 milioni e 865 mila quintali di produzione totale: Pavia è la provincia con la maggiore percentuale di coltivazione a riso in Italia e il primo produttore a livello nazionale ed europeo dell’oro bianco di pianura. Sono circa 1700 le aziende risicole presenti sul territorio della Provincia di Pavia. Per natura questa terra ricca di corsi d’acqua e di risorgive è stata per secoli in parte paludosa e in parte arida ma le comunità di monaci nel Medioevo, la colonizzazione feudale e le grandi riforme agronomiche introdotte dagli Sforza che sperimentarono la coltivazione del riso, hanno fatto della zona un mosaico di fertilissimi campi. Al servizio di queste coltivazioni è stato organizzato un complesso sistema di rogge e canali e sono sorte le cascine, prima fortificate con castelli a loro difesa, poi a corte chiusa, tipici insediamenti dell’agricoltura industrializzata della Pianura Padana. Il riso fu importato in Italia dagli Arabi che lo introdussero in Sicilia nell’VIII secolo, da qui arrivò in Lombardia nel ’400, grazie a Galeazzo Maria Sforza. Documenti testimoniano di un dono, nel 1475, di sei sacchi di riso da parte degli Sforza ai Duchi d’Este affinché si coltivasse il riso anche nel delta del Po.

Salame di Varzi DOP – Denominazione di Origine Protetta (DOP)

Il Salame di Varzi deve essere prodotto con carni suine fresche provenienti da allevamenti di zona con aggiunta di una parte di grasso solido, sale da cucina, pepe nero in grani; il tutto aromatizzato con un infuso di aglio e vino rosso filtrato. La grana dell’impasto è piuttosto grossa ed è ottenuta facendo passare sia la carne sia il grasso in un tritacarne con uno stampo con fori del diametro di 12 mm. Il periodo minimo di stagionatura varia in funzione della pezzatura del prodotto che viene classificato in filzetta, filzettone, crespone, cucito a budello doppio. L’impasto è tenero e compatto, l’aroma fragrante e caratteristico, il sapore dolce e delicato. Differenzia il salame di Varzi dagli altri prodotti la cosiddetta goccia, dovuta allo scioglimento di parte del grasso nei periodi estivi, che conferisce una certa pastosità e dolcezza al salame. La denominazione è riservata al salame prodotto nella zona comprendente Varzi e 15 comuni della Valle Stàffora e Valle Versa. Un territorio collinare, tra i 250 e i 1000 metri, caratterizzato da un microclima unico dato dall’incontro dell’aria proveniente dal mare con quella della Pianura Padana. Le sue origini sembrano risalire all’epoca dell’invasione longobarda, in seguito alla quale si diffuse nella zona l’allevamento dei maiali.

Crescenza – Prodotto Agroalimentare Tipico (PAT)

È un prodotto originario della Provincia di Pavia, a breve stagionatura ottenuto da latte vaccino intero e pastorizzato. Formaggio molle a pasta cruda, omogenea, compatta e di colore bianco, la Crescenza è priva di crosta anche se in superficie risulta più asciutta. Le forme sono parallelepipedi del peso che può variare tra 250 g e 1 kg. È prodotta in due tipologie: quella invernale con pasta molle tendente al cremoso e quella estiva più consistente. Il sapore varia dal dolce del prodotto fresco a quello leggermente acidulo ma sempre delicato.

Mostarda di Voghera

Specialità di frutta intera candita immersa in sciroppo di zucchero e glucosio aromatizzato alla senape in accompagnamento a carni lesse e a formaggi freschi come ricotta e stracchino. Si affianca a quelle dal Cremonese al Mantovano fino al Vicentino e al Veneto. Il territorio di Voghera è sempre vocato alle coltivazioni degli alberi da frutto e fin dal Medioevo l’abbazia di Sant’Alberto di Butrio conservava la frutta in preparazioni con l’aggiunta di senape e mosto. In una lettera del 1397 il duca Gian Galeazzo Visconti richiedeva al podestà di Voghera uno “zebro” di frutta candita senapata per gli arrosti e le carni della sua mensa: la mostarda di frutta era già prodotta in Oltrepò e conosciuta fino a Milano.

Salame d’oca di Mortara IGP – Indicazione Geografica Protetta (IGP)

È ottenuto da carne di oche nate, allevate e macellate nell’ambito del territorio lombardo. I tagli impiegati sono: il 30-35% di parti magre dell’oca, il 30-35% di parti magre del suino, il 30-35% dalle parti grasse del suino. Il composto, impastato con sale, pepe e aromi naturali, è avvolto nella pelle d’oca e assume la forma del collo dell’oca o tubolare. Poi forellato e legato. Deve rimanere in locali aerati da 1 a 3 giorni. Dopo l’asciugatura, è sottoposto a cottura in acqua calda e raffreddato. Il colore: bianco del grasso, rosso scuro delle carni di oca, rosato delle carni di maiale. È servito freddo con mostarda e salse agrodolci. Fra gli ispiratori le comunità ebraiche che ai tempi di Ludovico il Moro commissionarono ai salumieri della zona salami e ciccioli d’oca in omaggio ai dettami della cucina kasher.

Zuppa alla Pavese

Il 24 febbraio del 1525 si svolse a Pavia una battaglia tra esercito francese e spagnolo epocale e straordinaria, sia sul piano militare che su quello politico perché la clamorosa sconfitta dei Francesi e la cattura di Francesco I segnarono di fatto l’inizio della dominazione spagnola sull’Italia che durò molti secoli. Alla battaglia è legata la nascita della “Zuppa alla Pavese” che, secondo la leggenda, fu servita a Francesco I da una contadina della cascina Repentita dove il re fu portato subito dopo la cattura, affranto e ferito. Una contadina preparò per il re quel poco che aveva nella sua povera dispensa: brodo, pane integrale raffermo, a fette. Le fece tostare quindi depose il pane in una ciotola di legno, gli ruppe sopra un uovo crudo e versò nella ciotola il brodo bollente cui forse aveva poco prima aggiunto alcune foglioline di crescione. La zuppa, narra sempre la leggenda, fu molto apprezzata dal re che ne fu ristorato e rinvigorito.

Offelle di Parona

Ha compiuto un secolo la specialità dolciaria tipica di Parona, in lomellina. Farina di grano tenero, burro, zucchero, uova, olio d’oliva, lievito gli ingredienti del biscotto dall’inconfondibile forma ovale con le estremità appuntite. Inventato da due intraprendenti sorelle paronesi, Pasqualina e Linìn Colli, che sul finire dell’800 crearono questa specialità senza mai rivelare a nessuno la ricetta. Inizialmente venivano prodotte in quantità limitate e vendute a numero, anziché a peso, tanto erano preziose. In occasione della Madonna del Rosario si preparavano le Offelle per la festa popolare e arrivava gente anche dai paesi vicini per gustare il prelibato biscotto. Il grande lancio commerciale delle Offelle arrivò a partire dal 1969. Da allora, la locale Pro Loco tutela la genuinità del biscotto attraverso un marchio di garanzia fornito ai produttori, che hanno preso il posto degli antichi forni casalinghi.

Vini e Bevande

Oltrepò pavese, un territorio a grappolo d’uva

L’Oltrepò Pavese ha una storia viticola di almeno 2000 anni. È un comprensorio appenninico e preappenninico situato nell’area meridionale della Provincia di Pavia, al confine con il Piemonte e l’Emilia Romagna. Un territorio a forma di grappolo d’uva – cosi lo pensava il grande Gianni Brera –, la cui superficie è di quasi 100.000 ettari per lo più localizzati in zona di collina e di montagna. I colli mediamente non superano i 3-400 metri d’altitudine, con clima piuttosto asciutto d’inverno e ventilato in estate ed elevate escursioni termiche dovute alle correnti ascensionali delle zone montane. Queste caratteristiche fanno dell’Oltrepò una zona vocata per eccellenza alla produzione di uva e di vino. Le zone morfologiche sono due: i terreni della zona collinare bassa, costituiti da rocce sedimentarie marine, con una rilevante componente argillosa, e quelle più alte di origine gessosa, entrambi perfetti per ‘esprimere’ al meglio le caratteristiche dei diversi tipi di vini bianchi, spumanti e dei vini rossi che vi si producono. Sul territorio sono presenti una DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), una DOC (Denominazione di Origine Controllata) e una IGP (Indicazione Geografica Tipica). La superficie a vite di 13.500 ettari, su un totale regionale di 24.000, rappresenta circa il 55% della superficie vitata della Lombardia. In Oltrepò operano 1700 aziende vitivinicole, perlopiù medio-piccole a conduzione familiare. Sulle colline d’Oltrepò si produce il 62% del vino della Lombardia. Le superfici iscritte agli albi vigneti DOC/DOCG e elenchi delle vigne sono pari a 12.857 ettari vitati in provincia di Pavia su un totale regionale di 20.500 ettari. Con i 600.000 ettolitri di vino DOC e DOCG, cui si aggiungono oltre 300.000 ettolitri di vino a IGT, prodotto mediamente ogni anno. L’Oltrepò, con i suoi 42 comuni situati in zona collinare, costituisce la terza area DOC più importante d’Italia, dopo il Chianti e l’Asti.

Punti d'Interesse

  • Castello Visconteo: fu edificato da Galeazzo II Visconti a partire dal 1360 e terminato in soli cinque anni. Più che castello militare di difesa fu splendida e raffinata residenza di corte. Questa destinazione è sottolineata dalle eleganti bifore e trifore in cotto e dal raffinato gusto decorativo del cortile. Dei grandi cicli affrescati con battaglie, scene di caccia e di vita cortese che impreziosivano sale, porticati e logge, rimangono alcune significative testimonianze. Fra queste il completo decoro della Sala Azzurra, splendida di ori e lapislazzuli, e quella del piano superiore della medesima torre, forse sede della rinomata biblioteca viscontea, che fu ricca di mille codici e ordinata da Francesco Petrarca. Utilizzato a lungo come caserma militare, dotato in età napoleonica di un sopralzo con tetto che maschera la merlatura, nel Novecento il Castello è stato acquistato dal Comune, restaurato e adibito a sede culturale: ospita infatti le varie sezioni dei Musei Civici e sale per mostre d’arte temporanee.
  • Duomo: La cittadinanza pavese promosse, a partire dal 1488, la riedificazione di un Duomo in forme rinascimentali per sostituire le antiche cattedrali romaniche di Santo Stefano e Santa Maria del Popolo. Il progetto venne inizialmente affidato all’architetto urbinate Bramante con la consulenza di Leonardo da Vinci, per poi proseguire sotto le direttive del pavese Amadeo. L’ambiziosa costruzione si protrasse con difficoltà nel ‘600 e ‘700; nel XIX secolo si giunse a realizzare la cupola (la terza per dimensioni in Italia) e la fronte, tuttora predisposta per la copertura marmorea. A testimoniare l’iniziale grandiosità e raffinatezza del progetto resta, presso i Musei Civici, lo stupefacente modello ligneo, intagliato nel primo quarto del Cinquecento da abili artigiani locali. Di fronte al Duomo, la statua bronzea del Regisole è copia moderna di F. Messina dell’originale ravennate, trofeo di guerra, distrutto dai giacobini.
  • Piazza Vittoria: Piazza Vittoria è la piazza principale della città, anticamente nota come “Platea Magna”, piazza grande, in contrapposizione alla “piccola”, “Platea Parva”, piazza Duomo. Limitrofa al punto di intersezione fra cardo e decumano (oggi Strada Nuova e Corso Cavour), era la sede delle trattative commerciali e del mercato. Quasi interamente cinta da portici trecenteschi, è limitata dall’antico palazzo del Broletto e dal gentilizio palazzetto gotico “dei Diversi”. Si affaccia sulla piazza anche la chiesa sconsacrata di Santa Maria Gualtieri, fondata nel X secolo per volere del rappresentante imperiale Gualtiero, che la eresse vicino alla sua dimora. Oggi è adibita a spazio comunale per esposizioni temporanee di carattere culturale. In più punti della piazza è possibile accedere al mercato sotterraneo, realizzato in tempi moderni.
  • Ponte coperto: Ricostruito a metà del Trecento in sostituzione dell’antico ponte romano (di cui si vedono tuttora le pile), collega il centro storico della città con il pittoresco borgo medievale al di là del Ticino, tradizionale località di lavandaie, cavatori di ghiaia e pescatori. La sua caratteristica, che lo rende il suggestivo simbolo di Pavia, è la copertura a tetto, voluta da Galeazzo II Visconti all’indomani della conquista della città, e la presenza di una cappelletta settecentesca, dedicata a S. Giovanni Nepomuceno. Bombardato nella seconda guerra mondiale, il ponte fu ricostruito agli inizi degli anni Cinquanta.
  • Chiesa di San Francesco: la chiesa di San Francesco (detta anche di San Francesco Grande), che – iniziata attorno al 1230 – risulta pressoché ultimata nel 1298, venne costruita come sede di un convento francescano. Nonostante gli interventi di ridecorazione subiti in epoca barocca e i pesanti restauri dei secoli XIX e XX, l’edificio conserva ancora la sua struttura gotica, tipica degli insediamenti francescani. Presenta, infatti, un impianto a croce latina a tre navate con una netta distinzione tra la zona presbiteriale, destinata all’officiatura e coperta da volte a crociera costolonate sostenute da pilastri a fascio, e il corpo delle navate, riservato ai fedeli, coperto da capriate lignee a vista e scandito da pilastri cilindrici. La facciata, tripartita in modo da preannunciare la divisione interna in tre navate, è giocata su una vivace bicromia, data dall’accostamento del cotto e della pietra bianca, ed è caratterizzata da un profilo leggermente a salienti coronato da cinque pinnacoli. Al centro si aprono un portale gemino – insolito, ma in uso presso gli ordini mendicanti – nella parte inferiore e una grande trifora al centro di quella superiore. All’interno, arricchito da splendidi dipinti, si conservano alcuni degli arredi sacri della sconsacrata chiesa di San Marco (o San Francesco da Paola) e si trova la cappella dell’Immacolata Concezione, realizzata a partire dal 1711 su progetto di Giovanni Ruggeri e ultimata in seguito da Antonio Longone e Luigi Malaspina. L’adiacente convento dei francescani, attualmente sede del Collegio Cairoli, venne ricostruito nel ’700 su progetto di Giovanni Ruggeri e fu poi portato a termine da Leopoldo Pollach.
  • Basilica di San Michele: capolavoro dell’architettura romanica lombarda, la basilica ha un grandioso impianto a tre navate, sormontato dal tiburio, ed è decorata da un ricco apparato decorativo di cui sono esempio le sculture della facciata, i rilievi e le fasce zoomorfe, le cornici a girali e tralci vegetali. L’odierno edificio sorse sulla precedente chiesa longobarda e svolse la funzione di sede delle cerimonie di incoronazione regale: qui fu incoronato nel 1155 Federico Barbarossa. L’interno è adorno di capitelli scolpiti con storie della Bibbia e figure allegoriche ed ha una cripta di grande suggestione. Ospita sul presbiterio il mosaico pavimentale raffigurante i “Mesi” e il “Labirinto” e, nel transetto, il crocifisso detto di Teodote, capolavoro in lamina d’argento di un maestro orafo attivo in Italia settentrionale nella seconda metà del X secolo.
  • San Pietro in Ciel d’Oro: l’edificio, rinnovato nel XII secolo in forme romaniche, deve la sua fama a livello europeo alla presenza delle spoglie di Sant’Agostino, qui traslate nel VIII secolo dalla Sardegna per volontà del re longobardo Liutprando, pure lui sepolto nella chiesa. Al Padre della Chiesa è dedicata, sul presbiterio, la monumentale e splendida arca marmorea, adorna di molte statue e rilievi scolpiti, eseguita tra il 1362 e il 1402 da maestri lombardi. Una lapide all’esterno della basilica riporta il passo dantesco che ricorda la basilica per la sepoltura illustre anche del filosofo Severino Boezio.
  • Teatro Fraschini: Il primo teatro pubblico cittadino si deve all’iniziativa di quattro esponenti del patriziato locale, da cui l’antica denominazione di “Teatro dei Quattro Cavalieri”. Il progetto, portato ad esecuzione tra 1771 e 1773, fu affidato ad uno dei massimi architetti teatrali e scenografi dell’epoca, Antonio Galli Bibiena, che lo realizzò completamente in muratura e adottò innovative e ingegnose soluzioni – tra cui la forma a campana della platea – per l’ottimizzazione dell’acustica; divenuto di proprietà comunale, nella seconda metà dell’800, fu intitolato al pavese Gaetano Fraschini, celebre tenore verdiano. Riconosciuto “teatro di tradizione”, ogni anno propone una stagione lirica (da ottobre a gennaio) e una stagione teatrale di prosa, musica e balletto.
  • Torri Medievali: Delle cento e forse più torri che contrassegnavano il profilo della città medievale ne restano integre oggi solo cinque: tre nella piazza dell’Università e due in via Luigi Porta. Risalgono all’XI – XII secolo, sono costruite in mattoni, a canna che si restringe verso l’alto: assolvevano compiti soprattutto simbolici, rappresentando fisicamente il potere della famiglia cui appartenevano. Resti di torri di minori dimensioni sono ancora oggi visibili, inglobati in molti edifici cittadini. La Torre Civica, ubicata accanto alle cattedrali medievali e coronata nel XVI secolo da una loggia marmorea in funzione di cella campanaria, cadde rovinosamente nel 1987 e sono ora visibili i resti.
  • Università: è tra gli atenei più antichi d’Europa per fondazione: Galeazzo II Visconti ne promosse l’apertura nel 1361 attivando gli studi di diritto, medicina e arti liberali. Da allora l’Università conobbe successive trasformazioni fino ad assumere l’impianto e le forme architettoniche attuali, grazie all’intervento del governo austriaco. In epoca asburgica, infatti, l’istituzione fu riformata negli insegnamenti e gli edifici furono ristrutturati in stile neoclassico ed ampliati dagli architetti Piermarini e Pollack con nuove aule: tra esse la Biblioteca detta “Teresiana”, il Teatro Anatomico di Antonio Scarpa e il Teatro di Fisica, ove Alessandro Volta presentò l’invenzione della pila a Napoleone. Nel Novecento l’Università ha occupato anche la struttura del limitrofo Ospedale di San Matteo, architettura rinascimentale d’impianto cruciforme affiancato da cortili con decorazioni in cotto.

Sanremo

Informazioni Turistiche

Posta lungo l’assolata Riviera dei Fiori, Sanremo ha un microclima sempre mite e temperato anche rispetto alle altre città della Liguria, caratteristica che la rende meta ideale per il turismo.

La città è nota per la coltivazione di splendide fioriture, che le valgono l’appellativo di “città dei fiori”, sfoggiate ogni anno in primavera durante Sanremo in fiore, tradizionale sfilata di carri allegorici. A Sanremo si tengono annualmente anche il famoso Festival della canzone italiana, trasmesso dalla Rai, e la Rassegna della canzone d’autore, organizzata dal Club Tenco.

Il centro storico, chiamato La Pigna per la forma delle antiche strutture difensive, offre numerose testimonianze di un passato glorioso: vi si possono ammirare, infatti, la Basilica Collegiata Cattedrale di San Siro, il Santuario della Madonna della Costa, l’Eremo di San Michele e la Chiesa di Cristo Salvatore, costruita a fine Ottocento dalla nobiltà russa e oggi uno dei simboli della città, insieme al Casinò, che si trova poco distante, a oggi una delle tre sole case da gioco presenti sul territorio italiano.

Da non perdere anche le molte ville private che si affacciano verso il mare: Palazzo Bellevue, per molti anni albergo di lusso e dal 1963 sede del Comune di Sanremo; Palazzo Borea d’Olmo, uno dei più importanti edifici barocchi della Liguria occidentale, a pochi metri dal Teatro Ariston; Villa Ormond, con il suo splendido parco ricco di piante esotiche; Villa Nobel, in stile moresco, ultima residenza di Alfred Nobel e oggi museo nonché sede di incontri culturali, e l’adiacente Villa King, in stile liberty così come Castello Devachan, sede, nel 1920, della Conferenza tra i vincitori della Grande Guerra.

Per quanto riguarda gli eventi sportivi, Sanremo ospita l’arrivo della Milano-Sanremo, una delle classiche di primavera più importanti del ciclismo internazionale, e, dal 1928, il rally di automobilismo.

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